La distinzione tra la chiesa visibile e invisibile
Quando i protestanti parlano della distinzione tra la chiesa visibile e invisibile, lo fanno per un valido motivo. Facciamo questa distinzione perché riconosciamo la chiara rappresentazione biblica della chiesa sia come il popolo eletto di Dio, i cui nomi sono scritti nel libro della vita dell'Agnello (Ap 21:27), sia come la comunità visibile della fede stabilita sulla terra (Mt 28:18-20). Tuttavia, come la Scrittura ci mostra, questi due aspetti non coincidono sempre perfettamente. C'è la chiesa come la vediamo noi e la chiesa come la vede Dio. Ciò che è discernibile ai nostri occhi fisici non è esattamente lo stesso di ciò che è conosciuto da Dio nella sua onniscienza. Per questo motivo, i protestanti hanno incluso un linguaggio specifico nelle loro confessioni per sostenere questa distinzione come parte della loro ecclesiologia. Nelle chiese riformate, ad esempio, confessiamo nell'Articolo 29 della Confessione di Fede Belga che ci sono «ipocriti, che sono mescolati nella chiesa insieme ai buoni e tuttavia non fanno parte della chiesa, sebbene siano esteriormente in essa». Allo stesso modo, il Capitolo 25 della Confessione di Fede di Westminster afferma che «la Chiesa cattolica o universale, che è invisibile, consiste nel numero totale degli eletti» e che «la Chiesa visibile... consiste in tutti coloro che in tutto il mondo professano la vera religione e nei loro figli».
La distinzione tra chiesa visibile e invisibile corrisponde alla distinzione tra patto di grazia esterno ed interno. Come afferma il teologo riformato Francesco Turrettini (1623-1687):
L’opinione comune e accolta tra i riformati [è]…che il patto possa essere considerato in due modi: o come essenza interna o come dispensazione esterna. La prima risponde alla chiamata interna e alla chiesa invisibile degli eletti, che da essa è costituita. La seconda, però, risponde alla chiamata esterna e alla chiesa visibile dei chiamati. Sotto quest’ultimo aspetto, il patto è considerato solo come promulgazione e presentazione da parte della chiamata esterna; e quanto ai benefici esterni, che scaturiscono da quella presentazione, nella predicazione della Parola; l’amministrazione dei sacramenti e la partecipazione alla cose sacre, di cui quanti nel popolo o nella chiesa conservano la stessa professione diventano partecipi; e così si estende anche a molti reprobi che restano nella chiesa visibile. Nel primo caso, si estende ulteriormente all’accettazione e al conferimento e ricevimento di tutti i benefici federali e alla comunione interiore con Cristo mediante la fede. In questo senso, essa non spetta a nessuno tranne agli eletti, che sono realmente partecipi dell’alleanza secondo l’intenzione di Dio, in cui adempie le condizioni stesse del patto e al quale non solo offre, ma addirittura conferisce i benefici del patto. [2]
Parliamo di questa distinzione anche perché ci protegge da due estremi pericolosi dal punto di vista biblico e spirituale: da un lato, il formalismo superstizioso; dall'altro, un individualismo radicale. Forse il teologo scozzese del XIX secolo John MacPherson lo ha espresso nel modo migliore quando ha detto: "Il protestantesimo cercava di trovare il giusto equilibrio tra l'esternalismo magico e soprannaturale dell'idea romana e la svalutazione estrema di tutti i riti esteriori, caratteristica dello spiritualismo settario e fanatico”. [1] Questi sono i due pericolosi errori che la distinzione tra la chiesa visibile e invisibile ci aiuta ad evitare.
Evitare l'esternalismo magico e soprannaturale
Molti cristiani professanti sono cresciuti in chiese dove hanno imparato - sia attraverso la dottrina formale che la tradizione culturale - che la loro salvezza dipende più dal loro battesimo e dall'appartenenza alla chiesa che dalla giustizia di Cristo ricevuta per sola fede. Questo tipo di insegnamento si presenti in molte forme ed esista in una vasta gamma di chiese, dalla Chiesa Cattolica Romana a certi culti. Ma bisogna comprendere che l'appartenenza alla comunità visibile del patto di Dio non garantisce l'appartenenza al popolo eletto di Dio. Questo è il punto che Paolo fa in Romani 9 quando difende la fedeltà della promessa di Dio ad Abramo: "Ma non è che la parola di Dio sia caduta a terra; infatti, non tutti quelli che sono d'Israele sono Israele" (Rom 9:6). In altre parole, non tutti coloro che fanno parte della chiesa visibile appartengono alla chiesa invisibile. Come Esau, è possibile essere nel patto esteriormente ma non essere realmente uniti a Cristo per fede.
Ecco perché l'autore della lettera agli Ebrei include numerosi avvertimenti sulla necessità della vera fede; non vuole che i suoi lettori si affidino unicamente alla loro appartenenza alla chiesa visibile. In Ebrei 3:7-4,11, egli ricorda loro gli Israeliti che morirono nel deserto; sebbene appartenessero alla comunità visibile del patto e avessero udito il vangelo, non risposero con una fede autentica. Di conseguenza, non entrarono nella Terra Promessa. L'autore utilizza intenzionalmente questo fatto come un monito per gli eredi neotestamentari dello stesso patto di grazia: “Badate, fratelli, che non ci sia in nessuno di voi un cuore malvagio e incredulo che lo allontani dal Dio vivente” (Ebrei 3,12). Essere battezzati nella chiesa visibile è molto importante, ma ogni battezzato ha comunque la responsabilità di abbracciare con vera fede la promessa fatta a lui nel battesimo, senza la quale non entrerà nel riposo eterno del Sabato.
Evitare la svalutazione estrema di tutti i riti esteriori
Se questo primo errore è pericoloso, il secondo non lo è di meno ed è senza dubbio più comune nell'evangelicalismo moderno. Quante volte abbiamo incontrato cristiani professanti che non frequentano regolarmente una chiesa, per non parlare dell'essere membri di una congregazione particolare? Il loro ragionamento è spesso questo: "Non ho bisogno di adorare Dio in un contesto formale o di appartenere a una particolare congregazione; ho una relazione personale con Gesù e adoro Dio a modo mio".
Tale ragionamento, tuttavia, non si basa sulla Scrittura, ma sulla concezione pagana che contrappone la "religione organizzata" alla "spiritualità". La prima è denigrata come superata nel migliore dei casi e odiosamente intollerante nel peggiore, mentre la seconda è prontamente accolta come alla moda e salutare. La religione organizzata è vista come qualcosa di molto particolare, che si manifesta in dottrine ristrette, usanze liturgiche e tradizioni esclusive. La spiritualità, d’altra parte, è considerata qualcosa di universale, che può esprimersi in una grande varietà di fedi personali e pratiche individuali, le quali mirano generalmente a un unico obiettivo: il miglioramento di sé. Influenzati da questa mentalità, molti che si professano cristiani credono di poter appartenere alla chiesa invisibile pur scegliendo di rimanere fuori dalla chiesa visibile.
Ma il Nuovo Testamento ci rivela una chiesa stabilita da Cristo che non è puramente invisibile, ma una società osservabile fatta di membri in carne e ossa con una vera organizzazione e struttura. È un regno descritto come "una stirpe eletta, un sacerdozio regale, una gente santa, un popolo che Dio si è acquistato" (1 Pt 2:9a; cf. Es 19:6). Il Re di questo regno, il Signore Gesù, governa i suoi cittadini mediante la sua Parola e il suo Spirito attraverso gli ufficiali che ha stabilito nella chiesa locale. Egli ha dotato il suo regno di ministri della Parola affinché il suo popolo cresca dalla fanciullezza spirituale fino alla maturità (Ef 4,7-16). Ha ordinato gli uffici di pastore e anziano come custodi per vegliare sulle anime del suo gregge e assicurarsi che ogni cosa sia fatta in modo decoroso e con ordine (At 14,23; Fil 1,1; 1 Tm 3,1-7; 5,17; Tt 1,5-9; Eb 13,17; 1 Pt 5,1-4). Ha istituito l’ufficio di diacono affinché i poveri e i bisognosi della chiesa siano assistiti (At 6,1-7; Fil 1,1; 1 Tm 3,8-13; 5,3-15). Ha comandato che venga esercitata la disciplina per mantenere la purezza e la pace della sua chiesa (Mt 18,15-20; 1 Cor 5; 2 Ts 3,6.14-15; Tt 1,10-14; 3,9-11). Ha fornito alla sua chiesa gli elementi tangibili del pane ordinario, del vino e dell’acqua, che lo Spirito Santo usa per nutrire la nostra fede (1 Cor 10,16; 11,17-34; cf. Gv 6,41-58).
Il Nuovo Testamento ci rivela una chiesa stabilita da Cristo che non è puramente invisibile, ma una società osservabile fatta di membri in carne e ossa con una vera organizzazione e struttura.
Tutto questo Cristo ha provveduto alla sua chiesa nella sua infinita saggezza. Tuttavia, alcuni cristiani professanti cercano di essere più saggi di Cristo. Colui che abbandona la chiesa o non vede la necessità di essere sotto la cura spirituale dei ministri e degli anziani sembra pensare di sapere ciò che è meglio per la sua crescita spirituale, anche se è contrario a ciò che Dio ha rivelato. Essendo disilluso dalla vita nella chiesa visibile, egli sceglie una vita da "Cristiano solitario" – agendo come pastore, anziano e diacono per se stesso e astenendosi dai mezzi della grazia presenti nella predicazione del Vangelo e nei sacramenti, a danno della propria anima (Ebrei 10:24-25).
Per questa ragione, confessiamo nell'Articolo 28 della Confessione Belga: "Crediamo che, poiché questa santa assemblea e congregazione è l'assemblea dei redenti e non vi è salvezza al di fuori di essa, nessuno dovrebbe ritirarsi da essa, contento di stare da solo, indipendentemente dal suo status o posizione”. Come lo disse il leader della chiesa del Terzo secolo Cipriano: "Non puoi avere Dio come Padre se non hai la Chiesa come Madre. Se potessi sfuggire fuori dall'arca di Noè, potresti sfuggire fuori dalla Chiesa" [3]. Tranne che in casi straordinari, una persona non può appartenere alla Chiesa una, santa, cattolica e apostolica senza appartenere anche a una manifestazione visibile della stessa, che, secondo il Nuovo Testamento, è la congregazione locale che predica il vangelo, amministra i sacramenti e esercita la disciplina ecclesiastica.
Mentre cerchiamo di evitare questi due estremi pericolosi, riconosciamo il valore della distinzione tra la chiesa visibile e invisibile. E aneliamo il giorno in cui il Re ritornerà e la sua chiesa non sarà più visibile e invisibile, ma una e la stessa.
[1] John MacPherson, Christian Dogmatics (Edinburgh: T&T Clark, 1898)
[2] Francesco Turrettini, Istituzione della teologia persuasiva, Fascicolo 12: Sull’alleanza di grazia (Firenze: BE Edizioni, 2022), 72-73
[3] Cyprian, “The Unity of the Catholic Church” trovato in Early Latin Theology, ed. S.L. Greenslade (Louisville: Westminster Press, 1956)