I cristiani riformati e la Quaresima
A Zurigo, nel marzo del 1522, il tipografo bavarese Christoph Froschauer si riunì con dodici amici per un pasto. Tra i presenti c’era il canonico della cattedrale di Grossmünster, insieme a Huldrych Zwingli, che in seguito sarebbe diventato noto per aver fondato la Chiesa Riformata Svizzera. Gli amici si sedettero a tavola per mangiare salsicce preparate dalla moglie di Froschauer, Elsie. Ma quello non era un pasto qualsiasi: si trattava di una plateale violazione della legge ecclesiastica. E, come osserva lo storico di Yale Bruce Gordon nel suo libro Zwingli: God’s Armed Prophet, era già il secondo episodio simile avvenuto quel giorno. A colazione, infatti, “un piccolo gruppo si era riunito a casa di Hans Kloter per mangiare zuppa con vino, pane e uova.” Quella colazione si trasformò in un banchetto itinerante che si concluse proprio a casa di Froschauer.
Questo pasto ebbe luogo durante i quaranta giorni della Quaresima, un periodo di digiuno e rinuncia ispirato ai quaranta giorni che Cristo trascorse nel deserto. Il diritto canonico cattolico imponeva l’astinenza dalla carne durante la Quaresima. Con la loro abbondante colazione e il pranzo a base di salsicce, questo gruppo di cristiani, in gran parte laici, stava affermando la propria libertà cristiana, in particolare il principio secondo cui la Scrittura (sola Scriptura) è la suprema autorità e, poiché in essa non trovavano alcun precetto che imponesse la Quaresima, ritenevano di non dovervi sottostare. Questo atto di disobbedienza civile e religiosa portò all’arresto di Froschauer e degli altri partecipanti e spinse Zwingli, che aveva assistito ai pasti senza però rompere il digiuno, a tenere un celebre sermone in difesa della libertà cristiana, che poi ampliò e pubblicò nell’aprile dello stesso anno (“Sulla scelta e la libertà riguardo al cibo”). In questo sermone, Zwingli espresse lo stesso principio che Lutero aveva iniziato a difendere nel marzo e nell’aprile del 1521, soprattutto nel celebre discorso alla Dieta di Worms: l’autorità della Chiesa è subordinata alla Scrittura. Se la Quaresima non è prescritta né implicitamente richiesta dalla Scrittura, la Chiesa non può imporla ai cristiani come un obbligo.
Dal 1522, la maggior parte dei cristiani di tradizione riformata ha simpatizzato con la ribellione di Zurigo; storicamente, la teologia riformata non ha sostenuto l’osservanza della Quaresima. Padri della Riforma come Jacques LeFevre d’Étaples e Giovanni Calvino hanno affermato che la Quaresima fosse una “superstizione” frutto dell’immaginazione umana e imposta alla Chiesa senza alcun mandato divino. Secondo questi Riformatori, la Quaresima non era praticata dagli apostoli. Sappiamo che la Chiesa primitiva discusse animatamente sulla data della celebrazione della Pasqua, ma non esistono testimonianze su Quadragesima. Alcuni, come Ireneo, osservavano un digiuno di uno o due giorni prima della Pasqua, ma il digiuno quaresimale di quaranta giorni fu istituito per la prima volta al Concilio di Nicea.
La successiva tradizione riformata ha difeso queste ragioni teologiche per non osservare ufficialmente la Quaresima. La Seconda Confessione Elvetica (1566) incoraggia i digiuni privati e volontari, ma afferma che la Quaresima “non deve né può essere imposta ai fedeli.” La Confessione Belga (1561) ribadisce con forza l’autorità unica della Scrittura negli articoli 7 e 32. Quando le chiese olandesi dichiararono: “rigettiamo tutte le innovazioni e le leggi umane imposte nel culto di Dio, che vincolano e costringono le nostre coscienze in qualsiasi modo”, si esprimevano a nome di tutte le chiese riformate. Infatti, nei catechismi e nelle confessioni riformate non si trova alcun incoraggiamento a osservare la Quaresima, né alcuna parte del calendario liturgico ecclesiastico, ad eccezione dei cosiddetti “giorni evangelici” (Natale, Pasqua e Pentecoste), due dei quali cadono di domenica.
Tuttavia, nell’ultimo decennio si è registrato un crescente interesse per la Quaresima tra i cristiani riformati. Oggi è facile trovare autori riformati contemporanei che ne promuovono i benefici. Ma questo appare poco coerente con la teologia riformata. Dato il rifiuto della Quaresima da parte dei primi teologi riformati e di tutte le chiese riformate, perché oggi i cristiani riformati sono attratti dall’osservanza della Quaresima?
Sospetto che questo fenomeno riveli altre problematiche tra i cristiani riformati contemporanei. La visione tradizionale della vita cristiana in ambito riformato era persino più esigente della Quaresima stessa e rendeva irrilevante un’osservanza quaresimale normativa. Nella letteratura riformata più antica, si discuteva ampiamente del valore della preghiera e del digiuno. Tuttavia, in epoca moderna, questi aspetti della pietà cristiana sono stati in gran parte trascurati. Karin Maag, nel suo libro Worshiping with the Reformers, osserva che, sebbene i riformati siano noti per aver eliminato i giorni festivi dal calendario ecclesiastico, in realtà ampliarono “la gamma delle occasioni di culto comunitario”, includendo giornate di preghiera e digiuno. I cristiani erano chiamati a partecipare a queste giornate in periodi di particolare difficoltà, come pestilenze, inondazioni, siccità o guerre.
La Maag nota che tra il 1567 e il 1620, a Ginevra si tennero quindici celebrazioni speciali di preghiera e digiuno. Questi giorni divennero una pratica così consolidata nella pietà riformata che, nel 1644, i teologi di Westminster (anglicani, indipendenti e presbiteriani) inclusero una sezione sul “Digiuno pubblico solenne” nel Directory for the Publick Worship of God. Questi digiuni pubblici richiedevano una preparazione personale e privata.
I cristiani riformati hanno a disposizione un ricco patrimonio spirituale per recuperare una pietà più profonda e autentica basata sull’autodisciplina. Nell’esposizione del Sermone sul Monte, lo scrittore riformato inglese William Perkins dedicò quindici pagine all’analisi di Matteo 6:16, “quando digiunate”, spiegando cosa sia un “digiuno religioso”, quando e come debba essere praticato, la differenza tra digiuno privato e pubblico, la gioia del digiuno, la sua sincerità e l’utilità del digiuno privato come preparazione al culto domenicale. Il fatto che i cristiani riformati di oggi stiano riscoprendo la Quaresima suggerisce che abbiano perso di vista la tradizionale pratica riformata del digiuno e dell’autodisciplina e sentano il bisogno di qualcosa di visibile e tangibile per sancire esteriormente le promesse e gli impegni della fede cristiana.
I cristiani riformati hanno anche perso la comprensione riformata dei sacramenti, i quali sono istituzioni sacre di origine divina, segni oggettivi che confermano le promesse del Vangelo. A differenza della Quaresima, non sono “invenzioni umane”. Forse, invece di adottare la Quaresima, i cristiani riformati dovrebbero incoraggiare le loro comunità a celebrare la Santa Cena ogni settimana. Se amministrata correttamente, essa costituirebbe un richiamo settimanale all’autoesame e alla mortificazione del peccato, rappresentando l’appropriazione e l’applicazione riformata della tradizione ascetica. L’osservanza dei sacramenti secondo la loro autentica comprensione riformata renderebbe superflua un’osservanza ufficiale della Quaresima.
Dopotutto, professiamo che, nella Cena del Signore, lo Spirito Santo nutre i fedeli con il “vero e naturale corpo e il vero sangue di Cristo”. Non abbiamo bisogno di cercare la trascendenza altrove: essa viene a noi alla Tavola del Signore. La Quaresima dura tutto l’anno. Se compreso nella sua pienezza, il calendario ecclesiastico riformato prevede cinquantadue giorni santi (il Sabato cristiano) e la regolare, idealmente settimanale, amministrazione dei mezzi della grazia. La strada da percorrere per i cristiani riformati è quella di riscoprire la propria teologia, spiritualità e pratica, per usare il linguaggio dei teologi di Westminster.
Ques’articolo è stato originariamente pubblicato sulla rivista First Things il 31 marzo 2023. È pubblicato qui con autorizzazione. Tradotto da Emanuele Tosi.