La Parola e il Sacramento nell’adorazione
Nelle chiese fondamentaliste in cui sono cresciuto, la domenica mattina il pastore predicava solitamente da una Bibbia logora dall’uso, raccontava qualche storia per illustrare il suo messaggio e ci ricordava che Gesù è la nostra unica speranza per il cielo. Ogni servizio si concludeva sempre nello stesso modo: con un invito all’altare. Coloro che ascoltavano il messaggio e si sentivano convinti del proprio peccato venivano invitati ad andare avanti e a parlare con il pastore, che chiedeva a chiunque fosse abbastanza coraggioso di ripetere la “preghiera del peccatore” e, così facendo, ricevere la certezza del favore di Dio. A volte erano membri della chiesa a presentarsi e questo lasciava sempre tutti sorpresi—ci si chiedeva cosa avessero fatto la settimana precedente per sentire il bisogno di un atto di pentimento così pubblico. In occasioni rare, ma gioiose, qualcuno per cui la comunità aveva pregato a lungo era finalmente pronto ad accettare Gesù come “Salvatore personale”. Si alzava dal banco, percorreva la navata e veniva accolto con grande esultanza, soprattutto se la persona era nota per essere lontana dalla fede o in uno stato di allontanamento spirituale.
Da un lato, c’era qualcosa di profondamente bello in tutto questo. Il cielo gioisce quando un peccatore si pente (Luca 15:7). Era meraviglioso poter avere la certezza del favore di Cristo e sapere che, anche nei momenti in cui lottavamo con il peccato o quando il dubbio erodeva la nostra fede, potevamo trovare un segno tangibile della grazia di Dio. Dall’altro lato, però, questa pratica portava con sé un aspetto inquietante. C’era sempre una clausola implicita. Il pastore ci diceva che, se eravamo davvero sinceri—“se lo avete detto con tutto il cuore”—allora le promesse di Dio riguardo al perdono dei peccati e alla speranza del cielo si applicavano davvero a noi. Purtroppo io non ero sicuro di esserlo stato davvero e senza dubbio, molti altri provavano lo stesso sentimento.
Ora che sono un ministro di fede riformata, a volte ripenso con ironia all’invito all’altare. Nelle chiese della mia giovinezza, l’invito all’altare era tanto centrale nel culto quanto lo era la predicazione. Sebbene il battesimo fosse necessario per diventare membri della chiesa e la Cena del Signore venisse celebrata solo in occasioni speciali, l’invito all’altare ricopriva il ruolo più importante nel culto, subito dopo il sermone. Era il momento in cui i peccatori in difficoltà potevano trovare la conferma che le promesse proclamate dal pastore nel suo messaggio si applicavano davvero a loro—con quella solita condizione: “se lo avete detto con tutto il cuore”. I sacramenti (chiamati "ordinanze") non erano centrali. I sacramenti erano considerati qualcosa che apparteneva ai cattolici e che, quindi, non poteva essere biblico!
La grande ironia è che, per molti aspetti, l’invito all’altare finiva per svolgere la stessa funzione che i sacramenti hanno nella tradizione riformata. Ma mentre la comprensione riformata dei sacramenti è saldamente radicata nell’insegnamento del Nuovo Testamento, l’invito all’altare non lo è affatto. Dio conosce la nostra fragilità e il nostro bisogno di essere rassicurati sulla nostra relazione con Lui. Egli ci promette, nel Vangelo, che siamo Suoi e conferma il Suo favore verso di noi attraverso il battesimo e la Cena del Signore. Sì, Dio invita i peccatori credenti a venire a Lui non a un altare, ma a una fonte battesimale (dove l’acqua del battesimo viene amministrata) e a una tavola di comunione (dove pane e vino vengono dati ai peccatori afflitti per ricordare loro la grazia di Dio e per rafforzare una fede vacillante).
Riassumendo l’insegnamento delle Scritture, il Catechismo di Heidelberg (Domanda 66) definisce il battesimo e la Cena del Signore come “segni e sigilli visibili e sacri, stabiliti da Dio affinché mediante il loro impiego possa far capire meglio e suggelli la promessa del Vangelo.” Dunque qual è la promessa del Vangelo? “Che ci dona gratuitamente per grazia il perdono dei peccati e la vita eterna, in virtù dell’unico sacrificio di Cristo compiuto alla croce.” Non si può avere un sacramento senza il Vangelo, così come non si può fare un invito all’altare senza una predicazione!
I sacramenti sono segni e sigilli tangibili della grazia invisibile di Dio, promessa al Suo popolo nel Vangelo. Essi sono donati da Dio per confermare quella fede che è già stata suscitata mediante la predicazione del Vangelo. Così come l’invito all’altare sembrava essere la naturale conclusione di un sermone—la Parola spesso ci chiama a rispondere—allo stesso modo la predicazione del Vangelo e l’amministrazione dei sacramenti sono strettamente legati tra loro. Ciò che Dio ci promette nel Vangelo, ovvero il perdono dei peccati, viene confermato nel battesimo e nella Cena del Signore. Il Vangelo viene annunciato e poi reso visibile attraverso la proclamazione della Parola e l’amministrazione dei sacramenti.
Eppure, esiste una differenza fondamentale tra l’invito all’altare e la comprensione riformata dei sacramenti. Nell’invito all’altare, la condizione era “se lo avete detto con tutto il cuore”, facendo dipendere il beneficio dell’atto dallo stato interiore del peccatore, dal suo sentimento soggettivo. Nei sacramenti, invece, l’accento cade interamente sul giuramento sovrano di Dio: "Io sarò il tuo Dio e tu sarai il Mio popolo"—un’affermazione che potrebbe essere parafrasata come se Dio dicesse ai peccatori in difficoltà: "Io lo dico sul serio!" Nel battesimo e nella Cena del Signore, l’attenzione è interamente rivolta a ciò che Dio ha realmente fatto per i peccatori nella persona di Suo Figlio, Gesù Cristo, e non sulla forza della fede del peccatore.
I sacramenti sono segni e sigilli tangibili della grazia invisibile di Dio, promessa al Suo popolo nel Vangelo.
Nei sacramenti del battesimo e della Cena del Signore, Dio giura lo stesso patto che aveva promesso ad Adamo in Genesi 3:15 (“Io porrò inimicizia fra te e la donna, e fra la tua progenie e la progenie di lei; questa progenie ti schiaccerà il capo e tu le ferirai il calcagno”) e che rinnovò ad Abramo in Genesi 17:7 (“Stabilirò il mio patto fra me e te e i tuoi discendenti dopo di te, di generazione in generazione; sarà un patto eterno per il quale io sarò il Dio tuo e della tua discendenza dopo di te”). Alla base dei sacramenti vi è questa promessa di grazia: Dio si impegna ad essere il nostro Dio e ci chiama ad essere il Suo popolo, una promessa che viene nuovamente confermata ogni volta che riceviamo i sacramenti con fede. Dopo che la promessa del Vangelo è stata proclamata al popolo di Dio attraverso la Sua Parola, essa viene poi ratificata nei sacramenti.
Gesù ha istituito due sacramenti nel Nuovo Testamento. Il battesimo è il sacramento dell’ingresso nella comunità di fede e la sua importanza è chiaramente espressa nel Grande Mandato. In Matteo 28:19, Gesù comanda ai Suoi discepoli: “Andate dunque e fate miei discepoli tutti i popoli battezzandoli nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo”. I discepoli non vengono formati rispondendo a un invito all’altare, ma attraverso il battesimo! Questo è il mezzo biblico con cui i peccatori pentiti e le loro famiglie dichiarano pubblicamente la loro fede in Gesù Cristo (Atti 2:41; Atti 16:15; Atti 16:31–33). Essere battezzati significa essere stati sepolti con Cristo (Romani 6:4), rivestiti di Cristo (Galati 3:27) e circoncisi in Cristo (Colossesi 2:11–12). Il battesimo è il segno e il sigillo del perdono dei peccati (Atti 22:16; 1 Pietro 3:21) e della rigenerazione operata dallo Spirito Santo (Tito 3:5). È attraverso il battesimo che veniamo distinti dai non credenti. Tutte queste benedizioni sono promesse a noi e ai nostri figli nel Vangelo (Atti 2:38–39).
Quanto alla Cena del Signore, Gesù istituì questo sacramento la notte in cui fu tradito, dando un nuovo significato alla Pasqua ebraica. In Matteo 26:26–28 leggiamo:
Mentre mangiavano, Gesù prese del pane e, dopo aver pronunciato la benedizione, lo spezzò e lo diede ai suoi discepoli dicendo: «Prendete, mangiate, questo è il mio corpo». Poi prese un calice e, dopo aver reso grazie, lo diede loro dicendo: «Bevetene tutti, perché questo è il mio sangue, il sangue del patto, il quale è sparso per molti per il perdono dei peccati.
Non solo Gesù ci dice che il sacramento è strettamente legato alla promessa del Vangelo—poiché attraverso il Suo sangue sparso i nostri peccati sono perdonati—ma afferma anche che ciò che ci viene offerto nel pane e nel vino non è nient’altro che il Suo stesso corpo e il Suo sangue (Lui stesso!), insieme a tutti i benefici della Sua opera di salvezza.
Queste stesse parole compaiono anche nella lettera di Paolo ai Corinzi, a conferma del fatto che la celebrazione della Cena del Signore nella Chiesa primitiva si basava sulle parole istitutive di Cristo. Paolo ci dice inoltre che la Cena del Signore veniva celebrata regolarmente (ogni settimana) “quando vi riunite” per il culto pubblico (1 Corinzi 14:26). Questo significa che la Cena del Signore, così come è stata istituita da Cristo, è una ratifica della promessa del Vangelo—il nuovo patto nel Suo sangue per il perdono dei peccati—e che veniva celebrata ogni volta che la Chiesa si riuniva per adorare Dio. Sappiamo da Atti 2:42 che il culto della Chiesa apostolica era incentrato sull’insegnamento degli apostoli, sulla Cena del Signore, sulla preghiera e sulla comunione con il Salvatore risorto.
Poiché i sacramenti confermano la promessa del Vangelo—che Dio ci salverà dai nostri peccati—il legame tra la predicazione della Parola e l’amministrazione dei sacramenti nel culto pubblico è solidamente fondato. Le chiese fondamentaliste in cui sono cresciuto avevano colto correttamente il fatto che i peccatori hanno bisogno di un modo per essere certi che le promesse proclamate nel sermone si applichino a coloro che credono nel Vangelo, ma che possono trovarsi a lottare con il peccato e il dubbio. Un sermone senza un appello all’altare sembrava incompleto.
Ma il metodo biblico con cui Dio rassicura i peccatori del Suo favore nei nostri confronti è attraverso la Parola e i sacramenti. Dio promette nel Vangelo di salvarci dai nostri peccati, e nei sacramenti Egli giura con un solenne giuramento: “Lo dico sul serio. Io sono il vostro Dio e voi siete il Mio popolo!” Questo è ciò di cui i peccatori deboli e scoraggiati hanno bisogno, non un’esortazione a guardare dentro sé stessi per capire se credono con sufficiente sincerità. Al contrario, abbiamo bisogno di guardare al giuramento sovrano di Dio: “Lo dico sul serio.” Questo è il modo in cui Dio consola chi è abbattuto, rafforza la nostra fede e vince i nostri dubbi. Ecco perché la Parola e i sacramenti sono elementi essenziali quando il popolo di Dio si riunisce per adorarlo.
Ques’articolo è stato originariamente pubblicato sulla rivista Tabletalk. È pubblicato qui con autorizzazione. Tradotto da Emanuele Tosi.