Dio e l’uomo: Perché la lezione di Machen è ancora così attuale

Se vogliamo comprendere il Vangelo, dobbiamo prima capire qualcosa di Dio e qualcosa di noi stessi: Dio è il Creatore, e noi siamo creature. Dio è santo, e noi siamo peccatori. Queste due distinzioni fondamentali rivelano il nostro problema più grande come esseri umani: “Come posso io, un peccatore, essere giusto di fronte a un Dio santo che odia il peccato?”  La buona notizia è che c’è una soluzione, cioè Gesù Cristo, Dio incarnato, che ha fatto per noi ciò che noi non riusciamo a fare da soli. Cristo obbedì alla legge di Dio al posto nostro, guadagnandoci la giustizia di cui avevamo bisogno per essere giustificati, e andò sulla croce per pagare il prezzo del nostro peccato. La buona notizia è che non siamo salvati a causa della nostra ubbidienza, ma a causa di quella di Cristo.

Ecco perché J. Gresham Machen, quando stava morendo in un letto d’ospedale, inviò un telegramma al suo caro amico e collega John Murray. Gli disse: «Sono così grato per l’ubbidienza attiva di Cristo. Senza di essa non c’è speranza». Furono le sue ultime parole registrate. Poche ore dopo, quel giorno del 1° gennaio 1937, Machen morì. Fino al suo ultimo giorno, anche sul letto di morte, Machen trovò speranza e conforto nell’opera compiuta di Cristo. Tuttavia, questo glorioso Vangelo non avrebbe avuto alcun senso per Machen se non avesse prima compreso due importanti dottrine, cioè la dottrina di Dio e la dottrina dell’uomo. Senza queste due dottrine, non ci può essere il Vangelo. Ecco l’argomentazione del Capitolo 3 del suo classico libro del 1923, Cristianesimo e liberalismo. All’inzio del capitolo, Machen afferma: «Il Vangelo cristiano consiste nel resoconto di come Dio ha salvato l’uomo. Per comprendere il Vangelo è necessario pertanto sapere qualcosa anzitutto su Dio e secondariamente sull’uomo. La dottrina di Dio e la dottrina dell’uomo sono i due grandi presupposti del Vangelo».[1]

Eppure, Machen si lamentò del fatto che ai suoi tempi questi due grandi presupposti del Vangelo venivano abbandonati. Machen fu ministro nella chiesa presbiteriana storica negli Stati Uniti, cioè la Presbyterian Church USA. Fu anche professore di Nuovo Testamento al Seminario teologico di Princeton. Eppure, ai tempi di Machen, l’ascesa del liberalismo teologico aveva talmente permeato la chiesa che anche queste istituzioni calvinistiche e riformate iniziarono ad abbracciare il liberalismo ed abbandonare le dottrine bibliche e storiche di Dio e dell’uomo. Per Machen questo era peggio di un errore teologico; questo era niente meno di una separazione dal Vangelo e dal cristianesimo. «Con riferimento a tali presupposti», dice lui, «e per quanto riguarda il Vangelo stesso, il liberalismo moderno è diametralmente opposto al cristianesimo».[2] Per Machen, il liberalismo non era una legittima espressione del cristianesimo storico, bensì una religione completamente diversa.

Machen non ha esagerato. Le idee hanno conseguenze. Oggi, la Presbyterian Church USA esiste ancora, ma è molto difficile trovarne una che predichi il Vangelo. Non si trovano prediche sulla santità di Dio, sulla peccaminosità dell’uomo e sulla redenzione che è solo in Cristo attraverso la sua vita, morte e risurrezione. Invece, si trovano prediche sulle opinioni umane dei problemi sociali, e quasi sempre da una posizione fortemente di sinistra. Spesso sui suoi bellissimi edifici storici c’è la bandiera LGBTQ a sostegno del gay pride. Come denominazione, consente l’ordinazione di pastori apertamente gay, lesbiche o bisessuali.

Come ha fatto una Chiesa che per più di duecento anni ha predicato, insegnato e difeso la Bibbia e la teologia riformata ad allontanarsi così tanto che oggi è nota per predicare, insegnare e difendere i diritti dei transgender e l’ideologia  “woke”?

Com’è possibile? Come ha fatto una Chiesa che per più di duecento anni ha predicato, insegnato e difeso la Bibbia e la teologia riformata ad allontanarsi così tanto che oggi è nota per predicare, insegnare e difendere i diritti dei transgender e l’ideologia  “woke”? Potremmo porre la stessa domanda riguardo alla Chiesa valdese o alla Chiesa di Scozia. Cosa è successo a queste chiese? C’era una volta in cui queste chiese erano come un transatlantico della fede riformata, una nave enorme e stabile. Ma, come la storia del Titanic, ad un certo punto non sono riuscite ad evitare gli iceberg e cominciarono ad affondare. Ecco perché dobbiamo essere vigili e fedeli con le dottrine storiche come quella di Dio e quella dell’uomo. Se questo problema fu cruciale ai tempi di Machen cento anni fa, quanto più urgente è per noi oggi che viviamo in un mondo molto più laico ed estremamente ignorante delle dottrine bibliche.

Vorrei che prendessimo in considerazione brevemente cosa dice Machen in questo capitolo sulla necessità della dottrina di Dio e dell’uomo. Cosa possiamo imparare da Machen? Poi, vorrei sottolineare alcune implicazioni per la chiesa di oggi.

I.              La necessità della dottrina di Dio

Ripeto: se vogliamo comprendere il Vangelo, dobbiamo prima capire qualcosa di Dio, cioè che Egli è il Creatore, che è santo, sovrano, infinito, giusto e misericordioso. Ecco perché la chiesa storica ha studiato la natura e gli attributi di Dio così come sono rivelati nella Sacra Scrittura. Per esempio, ascoltate questo bellissimo riassunto della rivelazione biblica su Dio:

«Non vi è che un solo Dio vivente e vero, il quale è infinito in essenza e perfezione, uno spirito purissimo, invisibile, senza corpo, membra, o passioni; immutabile, immenso, eterno, incommensurabile, onnipotente, sommamente sapiente, sommamente santo, sommamente libero, sommamente assoluto; che compie ogni cosa secondo la decisione della propria immutabile e giustissima volontà, per la propria gloria; sommamente amorevole, pietoso, misericordioso, lento all’ira, ricco in bontà e fedeltà, che perdona l’iniquità, la trasgressione, e il peccato; che ricompensa tutti quelli che lo cercano; e allo stesso tempo sommamente giusto, e terribile nei suoi giudizi, che detesta il peccato, e che non terrà il colpevole per innocente».

È la Confessione di fede di Westminster, capitolo 2, paragrafo 1. C’è stato un tempo in cui l’argomento degli “attributi di Dio” era ritenuto talmente importante da essere incluso nel catechismo, che nelle chiese si insegnava a tutti i bambini e si pretendeva fosse conosciuto da tutti i membri. Non vi può essere salute spirituale senza conoscenza dottrinale. L’obbiettivo nello studiare la Divinità deve essere quello di conoscere meglio Dio stesso. Però, il liberalismo dei tempi di Machen diceva il contrario. Si lamenta Machen, «Si afferma che avere una “concezione” di Dio è inutile, che la teologia, o la conoscenza di Dio, è la morte della religione. Per questa ragione non dobbiamo cercare di conoscere Dio, ma limitarci a sentire la sua presenza».[3]

Quando qualcuno dice: “Non voglio studiare dottrina o teologia”, quello che intendeva è davvero: “Non voglio conoscere Dio. Voglio solo sentire la sua presenza”.

A volte sentiamo la gente dire: “Non voglio studiare la dottrina o la teologia. Voglio solo conoscere Dio”. Ma questa affermazione non ha senso. Non diciamo questo di nessun essere umano che conosciamo. Conoscere qualcuno significa conoscere il suo carattere, la sua personalità, le sue simpatie e antipatie. Ecco perché afferma Machen:

«Se la religione consiste semplicemente nel sentire la presenza di Dio, essa è priva di qualità morali…Ciò che rende nobile l’affetto che nutriamo per un amico è, ad esempio, la conoscenza che abbiamo del suo carattere. L’affetto umano, apparentemente così semplice, è assai vicino al dogma. Esso, infatti, dipende da una serie di considerazioni sul carattere dei nostri amici. Ora, se l’affetto umano dipende davvero dalla conoscenza, perché dovrebbe essere altrimenti per quel supremo rapporto personale che sta alla base della religione?»[4]

In realtà, quando qualcuno dice: “Non voglio studiare dottrina o teologia. Voglio solo conoscere Dio” o “Voglio solo Gesù”, quello che intendeva è davvero: “Non voglio conoscere Dio. Voglio solo sentire la sua presenza”.

Questo era un problema ai tempi di Machen, così come lo è ai nostri giorni. Egli scrive: «Non c’interessano, dicono, tutte quelle cose per le quali gli uomini hanno dato la loro vita, non siamo interessati alla teologia dei credi, ovvero alle dottrine del peccato e della salvezza, né c’interessa la riconciliazione compiuta tramite il sangue di Cristo: a noi basta la semplice verità della paternità di Dio ed il suo corollario della fratellanza di tutti gli uomini».[5] Machen spiega, tuttavia, che «la moderna dottrina della paternità universale di Dio non si trova nell’insegnamento di Gesù, né in tutto il Nuovo Testamento».[6] Invece, «di solito il termine “padre” è usato per descrivere una relazione molto più intima, ovvero la relazione che Dio ha con la comunità dei redenti».[7] In altre parole, non riusciamo ad essere figli di Dio senza la fede in Cristo. Come l’apostolo Paolo afferma in Efesini 2, al di fuori di Cristo non siamo figli di Dio, ma solo figli d’ira. A parte Cristo, Dio non è nostro padre e non è il nostro amico, solo il nostro giudice. Senza Cristo, siamo gli oggetti del giudizio di Dio e l’inferno è la nostra destinazione finale.

Perché? Perché Dio è santo. Dio è assolutamente distinto da tutte le sue creature, è esaltato al di sopra di esse con maestà infinita, ed è moralmente puro, in ogni momento ed in ogni modo possibile. «Dio è luce, e in lui non ci sono tenebre» (1 Giovanni 1:5). Secondo Machen, questa era la verità che il liberalismo moderno aveva perso di vista. Di conseguenza, il liberalismo aveva cancellato la distinzione Creatore-creatura che è così fondamentale per il vero cristianesimo. Aveva invece prodotto un Dio panteistico che è semplicemente parte del “processo mondiale”. Dio non era più un essere santo e distinto. Quindi, secondo il liberalismo, non c’è niente da temere. Non c’è un grande abisso che separa il Creatore dalla creatura. Dio non è terrificante, poiché non è santo, non è trascendente, non è giudice. Egli è solo un padre amorevole di tutti, qualcuno che non dobbiamo cercare di conoscere, solo di sentire la sua presenza.

Vi suona familiare? Oggi incontriamo questo tipo di pensiero spesso. Se parli loro di Dio come Padre, amico, soccorritore, i loro volti si illuminano. Ma se provi a parlare loro di un Dio santo, trascendente e giudice, la loro mente rifugge da un’idea del genere. Ma senza la dottrina biblica di Dio, non può essere un Vangelo. Non c’è una buona notizia.

Quindi, «il cristianesimo, in primo luogo», scrive Machen, «si differenzia dal liberalismo per la sua concezione di Dio. Ma si differenzia anche per la sua concezione dell’uomo».[8] Questo ci porta al secondo punto.

II. La necessità della dottrina dell’uomo

Nel principio, Dio creò esseri umani buoni e a sua immagine, cioè in giustizia e vera santità, affinché potessero conoscere Dio, nostro Creatore, amarlo di cuore e vivere con lui in eterna beatitudine, lodandolo e glorificandolo. Tuttavia, a causa della caduta e della disobbedienza di Adamo, nostro rappresentante nel Giardino, la nostra natura è divenuta tanto corrotta che siamo tutti concepiti e nasciamo nel peccato. La Bibbia ci dice che «non c’è nessun giusto, neppure uno…tutti hanno peccato e sono privi della gloria di Dio» (Romani 3:10, 23). La legge di Dio richiede che siamo perfetti. Ci dice, «Ama il Signore Dio tuo con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima e con tutta la tua mente. Questo è il primo comandamento. Il secondo, simile a questo, è: Ama il tuo prossimo come te stesso. Da questi due comandamenti dipendono tutta la legge e i profeti». (Matteo 22:37-40). Però, nessuno di noi ha osservato queste cose perfettamente. La brutta notizia è che Dio è estremamente indignato per i nostri peccati, sia quello innato sia quelli attuali, e li punirà con giusto giudizio nell’eternità. La Bibbia ci dice, «è stabilito che gli uomini muoiano una volta sola, dopo di che viene il giudizio». (Ebrei 9:27). Senza un salvatore, dobbiamo affrontare l’ira di Dio che meritiamo.

Eppure, secondo il liberalismo moderno, scrive Machen, «non esiste qualcosa come il peccato…Alla radice del movimento liberale moderno, sta la perdita della coscienza del peccato. Un tempo, la coscienza del peccato era il punto di partenza della predicazione cristiana, ma oggi non lo è più. Caratteristica dell’età moderna è, sopra ogni altra cosa, la suprema fiducia nella bontà dell’uomo».[9] Anche questo suona familiare, vero? Spesso sentiamo qualcuno dire: “Sono una brava persona”. Nella nostra cultura oggi, le persone non si considerano peccatori. Viviamo in un’epoca post-illuminista e terapeutica in cui pensiamo naturalmente a noi stessi come buoni.

Il problema è che la Chiesa non è sempre stata fedele nel predicare la legge di Dio e la peccaminosità dell’uomo. Invece, secondo Machen, quando la chiesa abbracciò il liberalismo, abbracciò una forma di paganesimo. «Il paganesimo», dice Machen, «è quella visione della vita che trova il più alto fine dell’esistenza umana nel sano, armonioso e gioioso sviluppo delle facoltà umane. L’ideale cristiano è molto diverso. Il paganesimo ha una visione ottimistica dell’uomo nel suo stato naturale, il cristianesimo, invece, è la religione dei cuori infranti».[10]

In altre parole, quando sentiamo che la legge viene predicata e mette a nudo il nostro peccato, piangiamo a causa della nostra miserabile condizione. C’è una tristezza buona: la tristezza secondo Dio che produce un ravvedimento. Afferma Machen:

«Cristianesimo significa che il peccato è stato sconfitto una volta per tutte e, per la grazia di Dio, è stato gettato nel fondo del mare…Anche se il cristianesimo non si esaurisce nell’esperienza di un cuore infranto, tuttavia inizia con essa, ovvero con la coscienza del peccato. Senza di essa tutto il Vangelo apparirebbe come un inutile vaneggiamento».[11]

Purtroppo, oggi questo non è solo un problema nelle chiese liberali, ma anche nelle chiese evangeliche.

In America si vedono tante chiese evangeliche quasi quante chiese cattoliche romane qui in Italia. Ma la maggior parte non predica la santità di Dio, la peccaminosità dell’uomo e il Vangelo glorioso di Cristo.

Ad esempio, in America, ci sono chiese evangeliche ovunque. In America si vedono tante chiese evangeliche quasi quante chiese cattoliche romane qui in Italia. Ma non lasciatevi ingannare dal gran numero che vedete. La maggior parte non predica la santità di Dio, la peccaminosità dell’uomo e il Vangelo glorioso di Cristo. La maggior parte di esse viene rovinata da una sottile forma di secolarismo, non molto diversa da quella che Machen combatteva ai suoi tempi. Quasi venti anni fa, il sociologo Christian Smith ha esaminato la vita religiosa e spirituale degli adolescenti americani provenienti da una ampia gamma di retroterra culturali. Ha scoperto nella maggior parte dei casi che i teenager aderivano a un tipo di credo che Smith designava come “Deismo Moralistico Terapeutico” (DMT). Praticamente, il “DMT” si fonda su alcuni punti fondamentali:

1.     Lo scopo centrale della vita è essere felici e avere una buona autostima.

2.     Non serve che Dio sia particolarmente coinvolto nella vita di ognuno, eccetto quando serve per risolvere un problema.

3.     Le brave persone, quando muoiono, vanno in paradiso.

Questo credo – hanno rivelato i ricercatori – prevale non solo tra gli adolescenti non credenti, ma anche evangelici! Il problema del DMT sta nel fatto di essere per lo più centrato sull’autostima personale e sulla felicità soggettiva. Ha poco a che fare con il cristianesimo della Scrittura e della tradizione, che insegna il peccato originale, la necessità del pentimento e il nostro grande bisogno del sangue e della giustizia di Cristo.

Ma poi, anni dopo, Smith fece altri due studi, esaminando gli adolescenti come adulti. La sua conclusione è che il DMT rappresenta la religione di fatto non solo dei teenager, ma anche degli adulti d’America, compresa la maggioranza degli evangelici. La verità è che abbiamo bisogno di una riforma moderna della chiesa di oggi. Dobbiamo recuperare le dottrine bibliche, storiche e fondamentali, di Dio e dell’uomo. Senza queste due dottrine, non ci può essere il Vangelo.

III.              Alcune implicazioni per la chiesa oggi

Quindi, cosa possiamo imparare da Machen e la sua forte critica al liberalismo dei suoi tempi, soprattutto per quanto riguarda le dottrine di Dio e dell’uomo? Quali applicazioni possiamo fare per la Chiesa oggi? Dobbiamo evitare gli iceberg. Allora, a questo riguardo, voglio porre tre domande. Prego che queste domande inducano a riflettere su ciò che facciamo in chiesa ogni settimana. Prego che ci sfidino ad essere fedeli con la dottrina biblica e, per mezzo della grazia di Dio, vigili per trasmetterla alla generazione successiva, proprio come lo fu Machen.

1.     Le dottrine di Dio e dell’uomo sono chiare nella nostra predica?

Oggigiorno, i sermoni che sottolineano la santità di Dio e la peccaminosità dell’uomo sono fuori moda e non si sposano bene con l’atmosfera leggera e accogliente della chiesa evangelica moderna. Ma vi ripeto: la grande domanda di cui tratta la Bibbia è: “Come posso io, un peccatore, essere giusto di fronte a un Dio santo che odia il peccato?” La grande domanda della Bibbia non è: “Come posso essere una persona migliore?”  “Come posso avere una vita migliore?” “Come posso essere più felice e contento?” e neanche, “Come possiamo cambiare il mondo?” La grande domanda che interessa alla Bibbia, dalla Genesi all’Apocalisse, è questa: “Come può un Dio santo giustificare dei peccatori malvagi?”

Ecco perché dobbiamo essere fedeli nel predicare sulla santità di Dio, sulla peccaminosità dell’uomo e sulla grande redenzione che è solo in Cristo! Un sermone che non chiarisca queste cose non può essere definito un sermone cristiano. Che Dio ci aiuti ad essere fedeli e vigili nella nostra predicazione di Cristo.

2.     Le dottrine di Dio e dell’uomo sono chiare nel nostro canto?

Il fatto è che ciò che cantiamo ci catechizza. La nostra teologia è modellata dalle canzoni che cantiamo in chiesa. Allora di cosa cantiamo nel culto settimanale? Cantiamo i Salmi e gli inni che esaltano il Dio eterno e santo e ci danno un senso di riverenza e timore? Cantiamo i Salmi penitenziali – come Salmo 51, 3, 6 e 32? Questi ci forniscono un senso della nostra peccaminosità davanti al Dio santo. Nel tentativo di accattivarsi la cultura giovanile e secolarizzata contemporanea, molte chiese hanno capitolato dinanzi alle mode musicali, che sono prive della riverenza e della sublimità della musica sacra. Ma dalla Genesi all’Apocalisse, il popolo di Dio è sempre stato chiamato ad adorare con riverenza e timore perché il nostro Dio è “un fuoco consumante” (Ebrei 12:28-29). Che Dio ci aiuti ad essere fedeli nel canto in modo che le dottrine di Dio e dell’uomo siano chiare.

3.     Le dottrine di Dio e dell’uomo sono chiare nella nostra liturgia?

Nelle liturgie della Riforma Protestante del XVI secolo, c’era sempre un posto per la lettura della legge, la confessione del peccato e della dichiarazione del perdono. Questa pratica storica ci fornisce una conoscenza delle dottrine di Dio, dell’uomo e del Vangelo ogni settimana. Dio ci dice la sua volontà per le nostre vite nella sua legge, cioè i comandamenti della Scrittura. La legge di Dio ci dice chiaramente come dobbiamo vivere e cosa Dio si aspetta da noi. Rivela inoltre la sua santità e il nostro peccato, perché «io non avrei conosciuto il peccato se non per mezzo della legge» (Romani 7:7). Avendo sentito Dio parlarci nella sua legge, siamo spinti a confessare i nostri peccati. Confessiamo al Signore, «Ho peccato contro te, contro te solo, ho fatto ciò che è male agli occhi tuoi» (Salmo 51:4). Dopo aver confessato i nostri peccati a Dio, ascoltiamo l’annuncio gioioso della sua promessa che, «se confessiamo i nostri peccati, egli è fedele e giusto da perdonarci i peccati e purificarci da ogni iniquità» (1 Giovanni 1:9). Come ambasciatore di Cristo, il ministro dichiara il perdono a tutti coloro che confidano in Cristo e si pentono dei loro peccati.

Che Dio ci aiuti ad essere vigili nella liturgia affinché le dottrine di Dio e dell’uomo siano chiare. Che Egli rafforzi la sua chiesa con una buona conoscenza della verità in modo che ognuno di noi possa dire con fede e gioia oggi e alla fine delle nostre vite: «Sono così grato per l’ubbidienza attiva di Cristo. Senza di essa non c’è speranza».

Questo articolo è stato originariamente presentato dal pastore Michael Brown come intervento in un convegno tenutosi nel dicembre 2023 a Caltanissetta in occasione del centenario della pubblicazione di "Cristianesimo e liberalismo" di J. Gresham Machen.

[1] J. Gresham Machen, Cristianesimo e liberalismo, Caltanissetta, Alfa & Omega, 2014, p.69.

[2] Ibid., p.69.

[3] Ibid., p.69.  

[4] Ibid., p.69.

[5] Ibid., p.73.

[6] Ibid., p.74

[7] Ibid., p.74.

[8] Ibid., p.76.

[9] Ibid., p.76.

[10] Ibid., p.77.

[11] Ibid., p.78.

Michael G. Brown

Rev. Michael Brown è il pastore della Chiesa Riformata Filadelfia dal 2018 e Ministro della Parola e dei Sacramenti dalle United Reformed Churches of North America (URCNA) dal 2004. Ha conseguito due lauree in teologia al Westminster Seminary California. È l’autore di molti articoli e diversi libri, tra cui Il vincolo sacro: Introduzione alla teologia del patto (2012), Christ and the Condition: The Covenant Theology of Samuel Petto (2012) e 2 Timothy: commentario espositivo sul Nuovo Testamento (2022). Il pastore Mike e sua moglie Janie hanno quattro figli e un nipote.

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